Facciamola semplice semplice, come normalmente si fa.
Mettiamo da parte Boussinesque, che avrà pure ragione. Ma che poverino ha risolto un problema completamente differente da quello che qui ci serve.
Il signor Boussinesque risolse con analisi elasto-plastica ciò che accade ad un terreno, considerato come mezzo indefinito uniforme quando vado ad applicargli un carico distribuito parziale, individuando delle curve 'isobariche' di incremento di pressione nel mezzo elasto-plastico costituito dal terreno.
Per il calcolo del carico limite dei pali, viceversa, si vuole una cosa assai più banale. Ovvero la tensione esistente all'interno del terreno alla generica quota z. E questo in un mezzo indefinito con un carico anch'esso indefinito è un problema così monodimensionale da essere banale, infatti la tensione non può non valere che gamma*z, indicando con gamma la densità del terreno, e con z la profondità dal piano di campagna.
Sempre per farla facile, non parliamo di terreni sovraconsolidati, e di altri fenomeni 'strani'.
Quindi nel caso in specie, e ipotizzando che il terreno sia perfettamente in grado di 'respirare' ogni volta che aumento o diminuisco i carichi, la tensione litostatica alla punta del palo, che ha testa a quota a -3.50 m, si calcola considerando la verticale di terreno effettivamente presente, ovvero la lunghezza effettiva del palo, quindi tensione=gamma*L palo, ma applicando comunque una ulteriore tensione, ipotizzata uniforme, dovuta al peso delle strutture che sopra il palo si va a realizzare.
Come si vede le ipotesi semplificative sono parecchie e faranno certamente storcere il naso a Michele Conti.
Volendo si potrebbe considerare una fase intermedia in cui il palo viene caricato, ma la struttura non è ancora completa, e quindi la pressione litostatica alla punta è inferiore alla massima, con conseguente diminuzione del carico limite......ma con tutte le ipotesi campate in aria prima....