Ciao g.iaria,
ti ringrazio dell’interessante argomento che hai aperto. Non posso che concordare anche a priori. Ho solo qualche perplessità su come interpretare praticamente alcune righe. Provo a postare qualche osservazione per chiarire il mio punto di vista. Sono delle prime impressioni, perfettamente discutibili e provvisorie, sulle tue prime righe.
A parità di fattore di struttura, é nelle zone a più bassa sismicità che gli effetti del 2°ordine sono in proporzione più rilevanti e potenzialmente più deleterei. Questo si vede subito osservando le due bilineari elasto-plastiche con la riduzione del momento resistente dovuto agli effetti del 2° ordine.
Notando quanto illustrato nella prima figura in alto, credo che le due curve “Resistenza di taglio-spostamenti” (ed evidenzio “resistenza di taglio” e non intensità “tagliante sismico” nella sezione di base) si devono riferire necessariamente a due mensole uguali in altezza ma con differente rigidezza anche se caricate con stesso P (presumo) e stesso spostamento massimo orizzontale in testa. A questo punto, potrei anche accettare (considerando che il grafico specifica con il termine “Strength”) che la sezione di base sia (geometricamente differente o uguale ma) armata in minor misura in zone a bassa sismicità, in quanto i taglianti (in questo caso, specifico “taglianti”) sono minori. Interpreto, almeno a buon senso, che una siffatta sezione di base (rispetto a quella che armerei invece in zone di alta sismicità) sarà quindi relativamente più suscettibile agli effetti del II ordine (mi viene da pensare – piuttosto intuitivamente – all’effetto di forti venti di medesima intensità su due strutture in acciaio in zone a diversissima sismicità). Letto tutto al contrario, affermerei: “a parità di sollecitazioni del II ordine, le strutture meno dotate (in resistenza ai piani bassi) saranno penalizzate maggiormente con una diminuzione (relativa, ovviamente) del taglio resistente (“Strength”). Sempre leggendo al contrario, se a parità di carichi verticali e a parità di altezze di edificio e di interpiano, mi trovassi a progettare in due zone sismicamente molto differenti (ad es., in termini di accelerazione di picco) mi dovrei aspettare un rapporto F
E/DeltaF
E piuttosto piccolo per la zona di sismicità maggiore (sezione di base più resistente!) rispetto a quello della zona a sismicità minore (sezione di base relativamente meno resistente con F
E*/DeltaF
E << F
E/DeltaF
E), se non altro per il fatto che la curva relativa a F
E si troverebbe spostata molto più in alto di quella relativa a F
E* (mi riferisco al primo grafico in alto). Presumo, quindi, che le strutture ubicate in zona a relativamente bassa sismicità debbano essere dotate di una certa “sovraresistenza” per ottemperare (in generale) agli obblighi degli effetti del II ordine (che se non trascurabili, essendo geometrici, dipendono anche dall’architettura del sistema strutturale e non solo dalle azioni orizzontali a cui possono venire sottoposte o meno).
Tutto ciò almeno in linea di principio prescindendo da effetti torcenti sismici, ovviamente.
Contrariamente a quello che ci si aspetterebbe, per strutture progettate per essere duttili, gli effetti del 2° ordine si contrastano meglio incrementando le resistenze anziché le rigidezze. Quindi in un pilastro di un capannone o in una pila da ponte con q>1, ai fini degli effetti P-Delta si ottengono risultati migliori aumentando le armature anziché ingrossando la sezione.
In merito a questo, rimango un po' perplesso e non senza qualche dubbio. Pensando ai pilastri in c.a., al crescere delle sollecitazioni normali eccentriche, le sezioni tendono maggiormente ad andare verso situazioni alle quali corrispondono modeste rotazioni con massime tensioni di schiacciamento del calcestruzzo. Credo, a buon senso, che la duttilità va aumentata soprattutto riducendo la compressione media, allontanando cioè il più possibile l'assetto di cedimento del conglomerato per schiacciamento senza che l'acciaio al lembo opposto possa rifluire plasticamente: quindi, in linea di principio, sezioni resistenti sufficientemente esuberanti. Non mi azzarderei a fare il contrario, anche se per particolari situazioni. In ogni caso, tutto può essere...
Avere sezioni leggermente maggiorate per strutture verticali soggette a pressoflessione credo sia opportuno almeno per evitare - in generale - ulteriori aggravi per cedimenti differenziali delle fondazioni, proprio perché i carichi tendono a scaricarsi maggiormente sulle strutture verticali le cui fondazioni hanno presentato i maggiori cedimenti. Tutto ciò stante, sempre s'intende, un'idonea e relativamente robusta percentuale meccanica di armatura nell'ottica del "
Capacity Design".
Rispetto al fattore amplificativo [1/(1-tetha)] previsto in NTC'08, il fattore Qr ha una dipendenza più rigorosa ed efficace dal fattore di struttura q.
Chi vuole può valutare le differenze tra i due fattori amplificativi al variare di q.
Alcuni documenti tecnici sull'espressione più "idonea" del fattore
Theta, calcolato come riportato da EC8 e NTC, dimostrano che la formulazione (al punto 7.3.1 delle NTC, tipica per monopiano) non dà valori accettabili per strutture multipiano a pilastri con travi incernierate agli estremi; mentre dà risultati attendibili (sempre per strutture multipiano) per travi infinitamente rigide collegate con continuità con i pilastri.
Questo, ovviamente, non è una generalizzazione ma un’osservazione almeno su alcuni casi particolari, come indicato a chiare lettere anche all’interno dei suddetti documenti di ricerca.
Esistendo anche varie espressioni molto differenti tra loro per definire il significato fisico dei “
Theta” - come
generale rapporto tra momenti del II ordine e momenti del I ordine - non trovo difficoltà ad accettare che il fattore 1/(1 –
Theta) possa essere suscettibile di qualche critica, o di divergenze di valori, soprattutto per certe situazioni di strutture multipiano e di vincolo.
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In ogni caso, ritengo questo argomento - se non altro dai documenti tecnici che ho potuto finora consultare e soprattutto dai pareri di molti Colleghi - ancora denso di incertezze. Le proposte dei vari Autori indubbiamente sono affascinanti anche dal punto di vista della trattazione matematica, ma credo abbiano più valenza teorica che pratica (almeno, al momento).
Concludo, stuzzicando qualcuno tra noi - visto che si parlava anche di pile alte - che tutte queste incertezze si aggiungono ulteriormente a quelle prodotte dagli effetti della viscosità, soprattutto nelle strutture snelle in c.a. Ricordo, infatti, che la non linearità geometrica implica che lo stato di sollecitazione dipende direttamente dallo stato di deformazione. Pertanto, l'aumento delle deformazioni per effetti differiti anche in presenza di carichi costanti nel tempo dà luogo a uno stato di sollecitazioni del II ordine variabile nel tempo.
Mi sembra che questo sia la negazione assoluta del primo principio della viscosità lineare...ancora altre approssimazioni da introdurre per evitare lo scoglio, quindi! A questo punto, a mio sentimento, conoscere il problema è un obbligo ma credo che trovare soluzioni il più semplificate possibile - o perlomeno più chiare possibili in termini normativi - lo sia altrettanto e a ragione!