Author Topic: Calcolo strutture prefabbricate - 6 domande che cercano risposta!  (Read 18681 times)

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Offline Renato T.

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Re:Calcolo strutture prefabbricate - 6 domande che cercano risposta!
« Reply #30 on: 07 June , 2014, 07:01:42 AM »
Osservazione conclusiva sull'impiego della matrice geometrica amplificata (e senza iterazioni) nel caso in cui theta>0.1:
utilizzando la matrice somma (rig.+geom.) per i pilastri si ottiene una matrice di rigidezza dell'intera struttura modificata rispetto a quella su cui si è dedotto theta. Di conseguenza i risultati dell'analisi modale sono ovviamente differenti e comportano periodi più lunghi con conseguente riduzione sia delle forze sismiche applicate alla struttura che degli spostamenti amplificati.
Poiché lo sforzo computazionale necessario per conseguire tale migliore approssimazione è irrisorio, a mio avviso, questa dovrebbe essere la procedura di routine da seguire per theta>0.1.
 

Offline Fla-flo

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Re:Calcolo strutture prefabbricate - 6 domande che cercano risposta!
« Reply #31 on: 07 June , 2014, 10:32:41 AM »
Ti ringrazio Renato T. anche di aver descritto la tua procedura semplificata di calcolo. Hai per caso un documento tecnico da te redatto che lo riguarda? Sarei interessato a leggerlo con attenzione. Per adesso, provo qui solo ad abbozzare qualche osservazione, considerato che tramite questi piacevoli confronti non si può certo pretendere di capire tutto esattamente; ciò per ragioni di tempo e di spazio.

Di conseguenza i risultati dell'analisi modale sono ovviamente differenti e comportano periodi più lunghi con conseguente riduzione sia delle forze sismiche applicate alla struttura che degli spostamenti amplificati.
Poiché lo sforzo computazionale necessario per conseguire

Abbiamo capito che, lanciando un'analisi statica non lineare (per sola geometria), il Theta viene considerato implicitamente dal solutore a patto che ad ogni iterazione sia in grado di valutare gli spostamenti reali dei nodi (e qui il discorso, in caso di analisi sismica, di tenere in qualche modo conto del fattore di struttura "q"). Questo, credo, sia un'osservazione logica.

Credo di aver capito che utilizzando il tuo metodo con un'analisi modale (quiindi lineare) per modellare un caso non lineare, non si può che intervenire tramite combinazione (per forza, lineare) delle matrici di rigidezza. Anche questo è una logica conseguenza. Pertanto, all'interno della matrice geometrica "intervieni" tenendo conto di tutti gli altri effetti del II° ordine. Che, deduco, deve essere qualcosa sempre di "lineare". Presumo, a buon senso, che questa "linearizzazione" cada in difetto per Theta > 0,3 (se non altro per il limite massimo imposto dalle norme). Deduco, sempre secondo logica, che anche per questo "adattamento" della matrice geometrica sia necessario indicare al solutore quale sia il valore del fattore di struttura "q". Presumo - sto azzardando un'ipotesi - che ci si appoggerà al modulo elastico, variandolo in qualche modo per "proteggere" la rigidezza assiale EA dei pilastri.

Ora provo a esporre un paio di osservazioni, consapevoli che possano essere sicuramente discutibili o errate per il fatto che non conosco nel dettaglio la teoria proposta da Renato T. Chiedo quindi subito scusa a Renato se provo a postare qualche osservazione a priori.

Senza che mi dilungo troppo, presumo che l'approssimazione da soluzione non lineare a soluzione (equivalente) lineare abbia qualche ripercussione sulle modalità (opportune, credo) di come modellare il modello FEM. In sostanza, qualunque sia la teoria proposta, sarebbe interessante sapre anche come gestisce il discorso dell'analisi delle frequenze libere di oscillazione. Entro subito nel dettaglio, facendo solo qualche esempio tanto per dare l'idea della mia osservazione.
Almeno teoricamente, se nella soluzione approssimata "filtro" di fatto il modo (o un gruppo di modi) a relativamente bassa frequenza, allora vuole dire (dal punto di vista teoricao) che la descrizione della rigidezza del modello deve essere molto accurata, considerato che vibrazioni a (relativamente) basse frequenze in genere comportano forme modali che minimizzano l'energia di deformazione e massimizzano l'energia cinetica. Viceversa, sempre nel caso la soluzione approssimata mi "spostasse" di fatto su relativamente basse frequenze, per quanto detto prima, potrei permettermi di schematizzare la distribuzione delle masse pure concentrandole semplicemente nei nodi. Per quanto detto, mi vengono in mente alcune incertezze di modellazione di giunti e vincoli, anche ne caso di semplice analisi dinamica.

C'è anche da dire, sempre per capire dove sono gli "effetti collaterali" di un'approssimazione, che un'operazione sulle matrici che comporti ad esempio la minimizzazione di una qualche funzione richiede che si calcolino differenze tra i termini della matrice stessa con l'inevitabile introduzione (e forse propagazione?) di errori di arrotondamento. Ad esempio, per modi di vibrare a frequenze relativamente minori, la matrice delle rigidezze (come detto prima, necessariamente più dettagliate) molto probabilmente non risulterà digonale come quella delle masse.

Considero il caso di una mensola (elemento "Beam" suddiviso in conci) con rigidezza ridotta solo all'incastro (fessurazione diffusa per taglio e flessione): nel caso la mia soluzione approssimata "filtrasse" frequenze relativamente più alte, queste risentirebbero relativamente in minor misura di come modello l'elemento in termini di rigidezza nell'intorno dell'incastro (potrei permettermi di assegnare identica rigidezza a tutti i conci dell'elemento "Beam"). Viceversa, per frequenze relativamente più basse potrei avere risultati differenti a seconda di come modello la rigidezza dell'elemento.

Un saluto.
« Last Edit: 07 June , 2014, 11:43:29 AM by Fla-flo »
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Re:Calcolo strutture prefabbricate - 6 domande che cercano risposta!
« Reply #32 on: 07 June , 2014, 12:00:31 PM »
Faccio anch'io alcune considerazioni conclusive circa l'analisi degli elementi in c.a. snelli suscettibili degli effetti del 2° ordine.
  • I confronti numerici tra le analisi lineari e non lineari ha mostrato, anche se non ce n'era bisogno, che nel campo di validità previsto (tetha <= 0.2) la tecnica di tener conto degli effetti del 2° ordine con un'analisi lineare con amplificazione delle sollecitazioni del fattore [1/(1-tetha)] porta a dei risultati, in termini di spostamenti e sollecitazioni, molto prossimi (differenze dell'ordine del 6-7%) a quelli condotti con analisi non lineari che tengono conto in modo rigoroso della non linearità geometrica.
  • Sempre tenendo conto dei confronti numerici prima svolti, le differenze dei valori tra le due metodologie di analisi sono talmente piccole da essere di fatto irrilevanti se si pensa a tutte le altre grossolane approssimazioni che sono intrinseche a qualsiasi analsi strutturale, giusto per citarne una: l'annosa questione della giusta quantificazione del modulo di rigidezza del cls fessurato.
  • Per valori di tetha > 0.1 in presenza di analisi lineare, le dimensioni minime della sezione dettate dal 2° capoverso del § 7.4.6.1.2 sono di fatto un limite tecnologico viste le dimensioni ciclopiche che verrebbero imposte.
  • Per evitare di incappare nelle conseguenze del punto 3, la norma impone come via di uscita un'analisi non lineare sia geometrica che meccanica. Riflettendoci, ritengo questa richiesta della norma ragionevole, visto che continuare a tenere in piedi l'ipotesi di linearità di materiale in presenza di domande di spostamento e di curvatura di quella entità è quanto meno azzardato.
  • Nei casi in cui, pur rispettando le dimensioni minime della sezione dettate dal 2° capoverso del § 7.4.6.1.2, il valore di tetha è > 0.1, ritengo che ci si trovi in presenza di una struttura concettualmente da rivedere essendo questo un sintomo di un sistema resistenze alle forze orizzontali sostanzialmente carente.
« Last Edit: 07 June , 2014, 12:07:52 PM by g.iaria »
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Re:Calcolo strutture prefabbricate - 6 domande che cercano risposta!
« Reply #33 on: 07 June , 2014, 12:02:34 PM »
http://www.edwilson.org/book/book.htm

Nel link sopraindicato è possibile scaricare il prezioso Wilson-Book.
Nel capitolo 11 oltre ai soliti metodi semplificati per il calcolo degli effetti P-Delta è esposta la matrice geometrica per una fune e per un elemento beam.
L'uso della matrice geometrica è considerato il metodo GENERALE per tener conto degli effetti P-Delta: (va detto che non ricorrendo alle iterazioni non si tiene conto della variazione dello sforzo normale nella matrice geometrica: questa variazione in realtà comporta errori trascurabili):

The use of the geometric stiffness matrix is a general approach to include
secondary effects in the static and dynamic analysis of all types of structural
systems. However, in Civil Structural Engineering it is commonly referred to as
P-Delta Analysis that is based on a more physical approach. 

Offline Fla-flo

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Re:Calcolo strutture prefabbricate - 6 domande che cercano risposta!
« Reply #34 on: 07 June , 2014, 12:52:06 PM »
Sono d'accordo con g.iaria in pieno. Se posso permettermi una piccola riflessione non proprio da ingegnere, ho sempre avuto l'impressione che ma mano che i modelli e le teorie entrano sempre più nel dettaglio c'è rischio poi di non riuscire a trovare - altrettanto dettagliatamente - e a "compensare" eventuali errodi (in senso lato).

Tanto per fare un esempio terra-terra, qualsiasi sia la bravura e il talento dell'analista, storcerei il naso se tra i suoi modelli (almeno iniziali) non ci sia una semplice analisi statica lineare con soli elementi "Beam" nella modellazione di un ponte (pile e impalcati) comunque complesso. Forse, tenendo fuori proprio chi si occupa proprio di progetto di solutori FEM, credo che siamo sempre di fronte a un "scatola chiusa" che prende degli input e da fuori degli output.

A tal propostito, tornando al modello proposto da Renato T., direi che non mi importa quali siano le operazioni matematiche che utilizza o le teorie (consolidate o meno), ma quale è il grado di approssimazione che raggiunge. Accetterei più naturalmente un modello un po' grezzo ma con una valutazione dell'errore commesso molto preciso, rispetto a un modello alquanto maggiore nella sua complessità. Già sarebbe tanto, almeno dal mio punto di vista.

Ringrazio infine Renato T. per il link. Non credo di essere a quei livelli di lettura, ma ci proverò lo stesso a capirci qualcosa. Se tante volte riuscissi ad avere un barlume, può darsi che farò qualche domanda.
Un saluto a tutti, grazie come sempre, e alla prossima.

 :) Fla-flo  :)

« Last Edit: 07 June , 2014, 13:01:25 PM by Fla-flo »
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Re:Calcolo strutture prefabbricate - 6 domande che cercano risposta!
« Reply #35 on: 11 June , 2014, 23:22:22 PM »
Sulla corretta analisi e gestione degli effetti del 2° ordine nelle strutture a comportamento duttile, segnalo che nel cap. 4.7 a pag. 240 dell'imponente testo "Seismic Design of Reinforced Concrete and Masonry Buildings" di T. Paulay e M.J.N. Priestley si trova una magistrale trattazione dell'argomento, che mette in discussione molte delle cose fin qui scritte in questo thread.
« Last Edit: 11 June , 2014, 23:25:20 PM by g.iaria »
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Re:Calcolo strutture prefabbricate - 6 domande che cercano risposta!
« Reply #36 on: 12 June , 2014, 08:49:08 AM »
Sulla corretta analisi e gestione degli effetti del 2° ordine nelle strutture a comportamento duttile, segnalo che nel cap. 4.7 a pag. 240 dell'imponente testo "Seismic Design of Reinforced Concrete and Masonry Buildings" di T. Paulay e M.J.N. Priestley si trova una magistrale trattazione dell'argomento, che mette in discussione molte delle cose fin qui scritte in questo thread.

Grazie g.iaria della gentile segnalazione.

Degli stessi autori segnalo anche questa interessante pubblicazione:
R. Park, T. Paulay, Reinforced Concrete Structures" Willey & Sons, London.
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Offline g.iaria

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Re:Calcolo strutture prefabbricate - 6 domande che cercano risposta!
« Reply #37 on: 12 June , 2014, 21:22:52 PM »
Sulla corretta analisi e gestione degli effetti del 2° ordine nelle strutture a comportamento duttile, segnalo che nel cap. 4.7 a pag. 240 dell'imponente testo "Seismic Design of Reinforced Concrete and Masonry Buildings" di T. Paulay e M.J.N. Priestley si trova una magistrale trattazione dell'argomento, che mette in discussione molte delle cose fin qui scritte in questo thread.
Mi permetto di fare una piccola sintesi di quanto riportano sull'argomento sopra citato i due importanti autori.
  • A parità di fattore di struttura, é nelle zone a più bassa sismicità che gli effetti del 2°ordine sono in proporzione più rilevanti e potenzialmente più deleterei. Questo si vede subito osservando le due bilineari elasto-plastiche con la riduzione del momento resistente dovuto agli effetti del 2° ordine.

  • Contrariamente a quello che ci si aspetterebbe, per strutture progettate per essere duttili, gli effetti del 2° ordine si contrastano meglio incrementando le resistenze anziché le rigidezze. Quindi in un pilastro di un capannone o in una pila da ponte con q>1, ai fini degli effetti P-Delta si ottengono risultati migliori aumentando le armature anziché ingrossando la sezione.
  • Gli effetti del 2° ordine determinano una lieve riduzione della rigidezza (ramo elastico) della curva globale forza-spostamento, questo determina un piccolo incremento del periodo naturale di vibrazione, ed inoltre dipendendo quest'ultimo inversamente dalla radice quadrata della rigidezza, l'incremento del periodo sarà anche  proporzionalmente inferiore alla riduzione di rigidezza. Complessivamente il fenomeno determinerebbe una riduzione dell'accelerazione sismica di progetto. Gli autori ritengono tale piccolo "sconto" comunque trascurabile, per cui da un punto di vista progettuale conviene tutto sommato tenersi il minor periodo elastico (quello calcolato senza la non linearità geometrica).

  • Gli effetti del 2° ordine non inficiano le capacità dissipative complessive. Tuttavia richiedono delle duttilità globali e locali maggiori, soprattutto nella zona di base e nei piani bassi di un edificio. Se però si progetta a duttilità imposta (fattore q) la perdita di capacità dissipativa indotta dagli effetti del 2° ordine deve essere controbilanciata da un incremento di resistenza flessionale. Questo incremento di resistenza flessionale é quella della sezione di base per le pile da ponte o per i pilastri prefabbricati, oppure é quella delle sezioni di attacco delle travi per gli edifici intelaiati. Sempre questo incremento di resistenza flessionale é tanto più alto quanto più alta é la domanda inelastica.

    Le strutture rappresentate dalle curve 1 (assenza di effetti P-Delta) e 2A (presenza di effetti P-Delta) garantiscono dunque lo stesso comportamento duttile grazie alla sovraresistenza che quest'ultima possiede rispetto alla prima. La sovraresistenza viene ottenuta moltiplicando le sollecitazioni provenienti dall'analisi lineare per un fattore amplificativo Qr, come di seguito indicato.
  • In presenza di effetti del 2° ordine non trascurabili, la domanda di spostamento in campo plastico di cui al punto precedente calcolata come il prodotto dello spostamento elastico per il fattore di struttura non é sempre valida. Lo é solo nei casi in cui la deformata reale plastica ha la stessa forma di quella teorica elastica, e questo avviene con una certa approssimaziome in sistemi assimilabili ad oscillatori ad 1 g.d.l. (pile da ponte, pilastri di edifici prefabbricati monopiano). Per edifici pluripiano gli effetti del 2° ordine determinano invece una variazione della deformata globale inelastica, con incrementi della domanda di spostamento nei piani bassi addirittura del 100% (dpl = 2*q*del), mentre in testa lo spostamento inelastico é sempre q volte quello elastico. Questo punto é di importanza enorme e rimette in discussione molte delle cose fin qui scritte in questo thread, tra cui i limiti di applicabilità del metodo Wilson-Fardis prima citato in questa discussione, il quale, alla luce di questo fondamentale aspetto, per gli edifici pluripiano appare inadeguato in quanto chiaramente troppo "elasticistico" e non conservativo nella stima delle sollecitazioni comprensive degli effetti del 2° ordine ai piani bassi dell'edificio.

    Per rendersi conto di questo fondamentale aspetto basta semplicemente confrontare la forma deformata "presunta" inelastica, ottenuta mediante mera amplificazione di quella elastica, con quella inelastica reale, decisamente diversa in particolare ai piani bassi, con differenza pressochè doppia. Questa situazione si manifesta dove gli effetti del 2° ordine sono maggiori (tetha > 0.1), e tende a smorzarsi man mano che si sale ai piani alti, dove le due forme deformate inelastiche tornato a collimare. Questo concetto ha gli importanti risvolti numerici indicati al punto successivo.
  • Le sollecitazioni provenienti da un'analisi lineare di una struttura duttile con effetti del 2° ordine non trascurabili vanno dunque moltiplicate per il fattore Qr, che a titolo di esempio, per un elemento singolo, calcolato con analisi lineare con fattore di struttura q, alto h, con carico assiale P, tagliante H e spostamento elastico puro (ossia sotto il carico H e non amplificato di q) del, é pari a:
    Qr = [1 + (0.5 + q)*P*del/(H*h)]
    Il fattore tetha = P*dpl/(H*h) va calcolato pilastrata per pilastrata, ed inoltre, per ciascuna pilastrata, piano per piano.
    Si noti che nel calcolo di tetha si impiega dpl = q*del, mentre nel calcolo di Qr si impiega del.
    L'amplificazione del coefficiente Qr va quindi applicata limitatamente a quelle porzioni di pilastrate in cui tetha > 0.1, di solito situate in corrispondenza dei piani della metà inferiore.

    Rispetto al fattore amplificativo [1/(1-tetha)] previsto in NTC'08, il fattore Qr ha una dipendenza più rigorosa ed efficace dal fattore di struttura q.
    Chi vuole può valutare le differenze tra i due fattori amplificativi al variare di q.
« Last Edit: 12 June , 2014, 22:59:31 PM by g.iaria »
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Re:Calcolo strutture prefabbricate - 6 domande che cercano risposta!
« Reply #38 on: 12 June , 2014, 23:52:58 PM »
Ciao g.iaria,
ti ringrazio dell’interessante argomento che hai aperto. Non posso che concordare anche a priori. Ho solo qualche perplessità su come interpretare praticamente alcune righe. Provo a postare qualche osservazione per chiarire il mio punto di vista. Sono delle prime impressioni, perfettamente discutibili e provvisorie, sulle tue prime righe.

A parità di fattore di struttura, é nelle zone a più bassa sismicità che gli effetti del 2°ordine sono in proporzione più rilevanti e potenzialmente più deleterei. Questo si vede subito osservando le due bilineari elasto-plastiche con la riduzione del momento resistente dovuto agli effetti del 2° ordine.
Notando quanto illustrato nella prima figura in alto, credo che le due curve “Resistenza di taglio-spostamenti” (ed evidenzio “resistenza di taglio” e non intensità “tagliante sismico” nella sezione di base) si devono riferire necessariamente a due mensole uguali in altezza ma con differente rigidezza anche se caricate con stesso P (presumo) e stesso spostamento massimo orizzontale in testa. A questo punto, potrei anche accettare (considerando che il grafico specifica con il termine “Strength”) che la sezione di base sia (geometricamente differente o uguale ma) armata in minor misura in zone a bassa sismicità, in quanto i taglianti (in questo caso, specifico “taglianti”) sono minori. Interpreto, almeno a buon senso, che una siffatta sezione di base (rispetto a quella che armerei invece in zone di alta sismicità) sarà quindi relativamente più suscettibile agli effetti del II ordine (mi viene da pensare – piuttosto intuitivamente – all’effetto di forti venti di medesima intensità su due strutture in acciaio in zone a diversissima sismicità). Letto tutto al contrario, affermerei: “a parità di sollecitazioni del II ordine, le strutture meno dotate (in resistenza ai piani bassi) saranno penalizzate maggiormente con una diminuzione (relativa, ovviamente) del taglio resistente (“Strength”). Sempre leggendo al contrario, se a parità di carichi verticali e a parità di altezze di edificio e di interpiano, mi trovassi a progettare in due zone sismicamente molto differenti (ad es., in termini di accelerazione di picco) mi dovrei aspettare un rapporto FE/DeltaFE piuttosto piccolo per la zona di sismicità maggiore (sezione di base più resistente!) rispetto a quello della zona a sismicità minore (sezione di base relativamente meno resistente con FE*/DeltaFE << FE/DeltaFE), se non altro per il fatto che la curva relativa a FE si troverebbe spostata molto più in alto di quella relativa a FE* (mi riferisco al primo grafico in alto). Presumo, quindi, che le strutture ubicate in zona a relativamente bassa sismicità debbano essere dotate di una certa “sovraresistenza” per ottemperare (in generale) agli obblighi degli effetti del II ordine (che se non trascurabili, essendo geometrici, dipendono anche dall’architettura del sistema strutturale e non solo dalle azioni orizzontali a cui possono venire sottoposte o meno).
Tutto ciò almeno in linea di principio prescindendo da effetti torcenti sismici, ovviamente.

Contrariamente a quello che ci si aspetterebbe, per strutture progettate per essere duttili, gli effetti del 2° ordine si contrastano meglio incrementando le resistenze anziché le rigidezze. Quindi in un pilastro di un capannone o in una pila da ponte con q>1, ai fini degli effetti P-Delta si ottengono risultati migliori aumentando le armature anziché ingrossando la sezione.
In merito a questo, rimango un po' perplesso e non senza qualche dubbio. Pensando ai pilastri in c.a., al crescere delle sollecitazioni normali eccentriche, le sezioni tendono maggiormente ad andare verso situazioni alle quali corrispondono modeste rotazioni con massime tensioni di schiacciamento del calcestruzzo. Credo, a buon senso, che la duttilità va aumentata soprattutto riducendo la compressione media, allontanando cioè il più possibile l'assetto di cedimento del conglomerato per schiacciamento senza che l'acciaio al lembo opposto possa rifluire plasticamente: quindi, in linea di principio, sezioni resistenti sufficientemente esuberanti. Non mi azzarderei a fare il contrario, anche se per particolari situazioni. In ogni caso, tutto può essere...
Avere sezioni leggermente maggiorate per strutture verticali soggette a pressoflessione credo sia opportuno almeno per evitare - in generale - ulteriori aggravi per cedimenti differenziali delle fondazioni, proprio perché i carichi tendono a scaricarsi maggiormente sulle strutture verticali le cui fondazioni hanno presentato i maggiori cedimenti. Tutto ciò stante, sempre s'intende, un'idonea e relativamente robusta percentuale meccanica di armatura nell'ottica del "Capacity Design".

Rispetto al fattore amplificativo [1/(1-tetha)] previsto in NTC'08, il fattore Qr ha una dipendenza più rigorosa ed efficace dal fattore di struttura q.
Chi vuole può valutare le differenze tra i due fattori amplificativi al variare di q.
Alcuni documenti tecnici sull'espressione più "idonea" del fattore Theta, calcolato come riportato da EC8 e NTC, dimostrano che la formulazione (al punto 7.3.1 delle NTC, tipica per monopiano) non dà valori accettabili per strutture multipiano a pilastri con travi incernierate agli estremi; mentre dà risultati attendibili (sempre per strutture multipiano) per travi infinitamente rigide collegate con continuità con i pilastri. Questo, ovviamente, non è una generalizzazione ma un’osservazione almeno su alcuni casi particolari, come indicato a chiare lettere anche all’interno dei suddetti documenti di ricerca.
Esistendo anche varie espressioni molto differenti tra loro per definire il significato fisico dei “Theta” - come generale rapporto tra momenti del II ordine e momenti del I ordine - non trovo difficoltà ad accettare che il fattore 1/(1 – Theta) possa essere suscettibile di qualche critica, o di divergenze di valori, soprattutto per certe situazioni di strutture multipiano e di vincolo.

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In ogni caso, ritengo questo argomento - se non altro dai documenti tecnici che ho potuto finora consultare e soprattutto dai pareri di molti Colleghi - ancora denso di incertezze. Le proposte dei vari Autori indubbiamente sono affascinanti anche dal punto di vista della trattazione matematica, ma credo abbiano più valenza teorica che pratica (almeno, al momento).

Concludo, stuzzicando qualcuno tra noi - visto che si parlava anche di pile alte - che tutte queste incertezze si aggiungono ulteriormente a quelle prodotte dagli effetti della viscosità, soprattutto nelle strutture snelle in c.a. Ricordo, infatti, che la non linearità geometrica implica che lo stato di sollecitazione dipende direttamente dallo stato di deformazione. Pertanto, l'aumento delle deformazioni per effetti differiti anche in presenza di carichi costanti nel tempo dà luogo a uno stato di sollecitazioni del II ordine variabile nel tempo.

Mi sembra che questo sia la negazione assoluta del primo principio della viscosità lineare...ancora altre approssimazioni da introdurre per evitare lo scoglio, quindi! A questo punto, a mio sentimento, conoscere il problema è un obbligo ma credo che trovare soluzioni il più semplificate possibile - o perlomeno più chiare possibili in termini normativi - lo sia altrettanto e a ragione!

« Last Edit: 13 June , 2014, 01:19:09 AM by Fla-flo »
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Re:Calcolo strutture prefabbricate - 6 domande che cercano risposta!
« Reply #39 on: 13 June , 2014, 10:35:21 AM »
A patto di valutare theta pilastro per pilastro, ritengo che i coeff. di amplificazione 1/(1-theta) e Qr siano equivalenti. Infatti fissando q e variando theta fa 0,1 a 0,2 si può notare come i valori di dette amplificazioni siano molto vicine con 1/(1-theta) sempre leggermente superiore a Qr.
Nella Guida all'Eurocodice 8 della EPC si afferma (§ 4.11.1) inoltre che data la grande rigidezza globale necessaria a soddisfare i limiti sullo spostamento di interpiano (Stato limite di Danno), i limiti per il coeff. theta (0,2) agli effetti P-Delta, normalmente non sono critici per gli edifici. Infatti l'espressione di theta è invers. prop. al rapporto tra il taglio ed il peso dei piani sovrastanti e quindi l'effetto P-Delta può essere importante sopratutto ai piani bassi, MA PRINCIPALMENTE IN REGIONI A SISMICITA' MODERATA dove l'azione sismica è bassa e quindi non richiede una forte rigidezza traslante ai telai.  (Ciò a conferma di quanto esposto da Iaria in relazione al volume dei citati autori americani)
 

Offline g.iaria

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Re:Calcolo strutture prefabbricate - 6 domande che cercano risposta!
« Reply #40 on: 13 June , 2014, 20:40:54 PM »
A patto di valutare theta pilastro per pilastro, ritengo che i coeff. di amplificazione 1/(1-theta) e Qr siano equivalenti.
Confermo.
Ho provato ad applicare la formulazione di Qr al noto edificio del vol.2 dell'AICAP ed i risultati sono praticamente coincidenti con quelli con fattore di incremento 1/(1-tetha).

Il motivo per cui avviene questa perfetta coincidenza in questo caso è probabilmente dovuto al fatto che la distribuzione del drift di piano è molto simile a quella teorica riportata nella figura (d) del punto 6 del mio precedente post.

Con questo ulteriore tassello secondo me il quadro è completo in riferimento alla prima domanda fatta in apertura di questa discussione.
Relativamente alla seconda domanda:
2) Nel caso di strutture prefabbricate con maturazione accelerata a vapore (formula 11.2.5 non applicabile), come posso calcolare il modulo elastico?
Dal Santarella riporto:
  • per cls normali: Ec = 5700*Rck^0.5 [MPa] e fornisce lo stesso risultato della (11.2.5)
  • per cls maturati da vapore: Ec = 5100*Rck^0.5 [MPa]
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« Reply #41 on: 14 June , 2014, 00:34:24 AM »
Con questo ulteriore tassello secondo me il quadro è completo in riferimento alla prima domanda fatta in apertura di questa discussione.
Relativamente alla seconda domanda:Dal Santarella riporto:
  • per cls normali: Ec = 5700*Rck^0.5 [MPa] e fornisce lo stesso risultato della (11.2.5)
  • per cls maturati da vapore: Ec = 5100*Rck^0.5 [MPa]

Ciao g.iaria,

concordo su tutto. Per me il primo quesito è assolutamente ok, grazie a te e a Renato T. Anche per il modulo elastico, grazie.

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Chiudo scherzando un po’ con qualche numero, vista l’ora tarda.
Allora, da quanto hai riportato (almeno per le strutture in cemento armato, considerato il titolo della pubblicazione), possiamo esprimere il Qr anche come:

Qr = 1 + Theta*(q + 0,5)/q

Mi propongo di verificare se tale formulazione possa essere utilizzata anche per un telaio in acciaio. Procedo fissando a priori un’ipotesi (di lavoro), verificando successivamente se è vera.
Impongo quindi per ipotesi di trovarmi con una struttura tale che mi permetta di adottare questa posizione (circa uguale):

Qr = 1/(1 – Theta)

Quindi, matematicamente avrei:

1 + Theta*(q + 0,5)/q = 1/(1 – Theta)

Provo a calcolare il valore minimo del coefficiente di struttura q tale per cui Theta > = 0,3 (indipendentemente dal vincolo della norma di Theta non superiore a 0,3).

Ottengo la disuguaglianza:

(1 – Theta)/(2*Theta) > = q

In questo caso, stante l’ipotesi di lavoro fissata, si ha Theta > = 0,3 con q < = 1,17 (circa).

Deduco, da questo particolare esempio, che per una struttura in acciaio con q = 1 < 1,17 e con 0,1 < Theta < 0,2 < 0,3 la posizione di Qr = 1/(1 – Theta) non è congruente; e di conseguenza se esiste un’altra funzione per Qr questa deve avere (limitatamente all’acciaio) un’altra espressione oppure, banalmente, solo coincidere con 1/(1 – Theta).

Chiedo scusa a tutti per questo mio delirio. :pazzo:

 :) Fla-flo  :)
« Last Edit: 14 June , 2014, 00:40:55 AM by Fla-flo »
Nello Spazio c'è spazio per tutti.

Offline enterprise

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Re:Calcolo strutture prefabbricate - 6 domande che cercano risposta!
« Reply #42 on: 16 June , 2014, 08:51:01 AM »
@enterprise

Da EC8 - cl. 5.1.2, ricordo:

per edifici a un solo livello con pilastri collegati solo in testa, ma che presentano valori delle forze assiali di progetto N normalizzate non maggiori o uguali a 0,3, non sono da considerare "a pendolo rovescio".

Quindi, diversamente (se n < 0,3), ricadrebbero nella categoria di strutture a telaio (ovviamente, in assenza di pareti di taglio).

Chiedo comunque conferma, se a qualcuno risulta diversamente.
Ciao.
Una cortesia: qualcuno riesce a incollare qui la versione in inglese del punto sopra indicato? Cioè quello che esclude dal pendolo rovesciato gli edifici con colonne "collegate" in testa...?

Io ho solo la versione in italiano, che recita:

Edifici a un solo piano con le estremità superiori delle colonne collegate lungo le direzioni principali dell’edificio e con il valore del carico assiale normalizzato della colonna 'd non maggiore di 0,3 in alcun punto, non appartengono a questa categoria.

Mi piacerebbe conoscere il corrispondente inglese del termine "collegate"

GRAZIE

Offline Renato T.

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Re:Calcolo strutture prefabbricate - 6 domande che cercano risposta!
« Reply #43 on: 16 June , 2014, 16:46:50 PM »
Una cortesia: qualcuno riesce a incollare qui la versione in inglese del punto sopra indicato? Cioè quello che esclude dal pendolo rovesciato gli edifici con colonne "collegate" in testa...?

Io ho solo la versione in italiano, che recita:

Edifici a un solo piano con le estremità superiori delle colonne collegate lungo le direzioni principali dell’edificio e con il valore del carico assiale normalizzato della colonna 'd non maggiore di 0,3 in alcun punto, non appartengono a questa categoria.

Mi piacerebbe conoscere il corrispondente inglese del termine "collegate"

GRAZIE

NOTE: One-storey frames with column tops connected along both main directions of the
building and with the value of the column normalized axial load ?d nowhere exceeding 0,3, do
not belong to this category.

Offline enterprise

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Re:Calcolo strutture prefabbricate - 6 domande che cercano risposta!
« Reply #44 on: 16 June , 2014, 20:33:04 PM »
NOTE: One-storey frames with column tops connected along both main directions of the
building and with the value of the column normalized axial load ?d nowhere exceeding 0,3, do
not belong to this category.
Grazie... Evidentemente "connected" =  "collegate". Non fa una piega.
Ancora non riesco a capire come sia possibile che telai con incastri soltanto alla base siano in grado di dissipare energia allo stesso identico modo di telai con incastri anche in sommità, cioè con la possibilità di formazione di un numero doppio di cerniere plastiche.
E la mia convinzione si è assolutamente rafforzata quando ho letto la bozza delle NTC 2012, che prevede incastri flessionali in sommità per evitare il pendolo rovescio. Ma tant'è.
Renato T., ho letto nell'EC8 che il metodo della rigidezza nominale prevede obbligatoriamente di considerare l'effetto viscosità,  pur valutato in riferimento alla sollecitazione per carichi quasi permanenti. Mi confondo, oppure dicevi che nel caso sismico non andava considerata...?

 

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