Author Topic: Duttilità delle strutture di acciaio  (Read 4306 times)

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Offline Betoniera

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Duttilità delle strutture di acciaio
« on: 05 June , 2014, 10:28:41 AM »
ciao g.iaria, Renato, Fla-flo. Ciao a tutti

Seguo con interesse la discussione sul fattore theta.
Volevo un vostro parere sulla duttilità dei nodi strutturali in acciaio.
Ho aperto un nuovo post per non intasare la discussone in atto.
Un Ufficio di Genio Civile, in zona sismica, chiede il calcolo delle strutture in acciaio come non dissipative.
Ma volendo considerare la struttura con coefficiente di struttura > 1 e dissipativa, come si fà a calcolare la duttilità dei nodi di acciaio?.
Ha senso, secondo voi, parlare di duttilità di un nodo di acciaio dove il materiale può deformarsi anche del 20% prima di rompersi?.
Il calcolo elastico con fattore di struttura > 1 con verifiche di Buckling e verica elastica dei nodi è sufficiente?.
Voi come vi comportate nel merito?.
Ciao

Offline g.iaria

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Re:Duttilità delle strutture di acciaio
« Reply #1 on: 05 June , 2014, 22:15:49 PM »
Ciao Betoniera.
Consideriamo la classica struttura in acciaio con schema pendolare ad aste incernierate.
Se si vuole fare affidamento sulle sue capacità duttili (q>1), allora bisogna individuare le zone dissipative, che per questa tipologia strutturale sono lo snervamento degli elementi tesi, tipicamente i controventi.
Ai collegamenti non è richiesta alcuna performance duttile, anzi, in un'ottica di gerarchia delle resistenze questi devono essere più resistenti degli elementi che collegano, per consentire che questi arrivino allo snervamento quando ancora il collegamento è nel pieno del suo range elastico.
Per questo motivo, per una struttura dissipativa ben progettata, non c'è necessità di indagare le risorse duttili dei collegamenti.
Aggiungo che se anche si fosse in grado di quantificare la duttilità di un collegamento, le attuali norme NON consentirebbero comunque di farne uso (vedasi § 7.5.3.3 di NTC'08).

Una curiosità: lo scenario elemento duttile + collegamento fragile tipico delle strutture in acciaio, si inverte completamente nelle strutture in legno, dove invece è nei collegamenti che ricerca la duttilità strutturale, vista l'intrinseca fragilità del materiale legno.
« Last Edit: 05 June , 2014, 22:38:20 PM by g.iaria »
Un bravo scienziato è una persona con delle idee originali.
Un bravo ingegnere è una persona che fa un progetto che funziona con il minor numero possibile di idee originali.

Freeman Dyson

Offline quattropassi

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Re:Duttilità delle strutture di acciaio
« Reply #2 on: 05 June , 2014, 23:01:33 PM »
...
Per questo motivo, per una struttura dissipativa ben progettata, non c'è necessità di indagare le risorse duttili dei collegamenti.
Già: per questo esiste l'espediente del dog bone in prossimità dei nodi?
* Se ci scambiamo un dollaro, ognuno rimane con un dollaro.
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Offline g.iaria

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Re:Duttilità delle strutture di acciaio
« Reply #3 on: 06 June , 2014, 10:45:10 AM »
Già: per questo esiste l'espediente del dog bone in prossimità dei nodi?
Esattamente.
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Freeman Dyson

Offline Fla-flo

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Re:Duttilità delle strutture di acciaio
« Reply #4 on: 09 June , 2014, 23:03:07 PM »
Ciao Betoniera,
avevo deciso di “mollare” il Forum per un po’ per questioni di lavoro (sto riprendendo a fatica dopo una pausa…), ma poi vedendo il tuo post, ho deciso di "fare un'eccezione" e di riportare anche io qualche riga, nella speranza che ti siano in qualche modo utili.

Ma volendo considerare la struttura con coefficiente di struttura > 1 e dissipativa, come si fà a calcolare la duttilità dei nodi di acciaio?.
Ha senso, secondo voi, parlare di duttilità di un nodo di acciaio dove il materiale può deformarsi anche del 20% prima di rompersi?.

Se si decide di progettare per q > 1, ovviamente, sei costretto a garantire l’equilibrio assieme ad una sufficiente duttilità dei componenti. Quest’ultimo accorgimento serve di fatto a permettere la ridistribuzione delle forze che ipotizzerai sugli elementi di giunzione. Tanto per fare un esemprio relativamente alle giunzioni bullonate – almeno per l’EC3 – è sempre buona regola imporre una resistenza a taglio del bullone maggiore di quella di rifollamento. in questo modo, il limite raggiunto dal bullone più esterno sarà appunto per rifollamento e, plasticizzando, permetterà di ridistribuire le forze anche agli altri componenti; in caso contrario (resistenza a taglio minore di quella a rifollamento) si giungerebbe a rottura per taglio del bullone con rottura evidentemente fragile e non compatibile con le ipotesi di calcolo (in particolare anche per q > 1).

Per quanto riguarda le flange di testa dei nodi trave-colonna, se ipotizzi ad esempio una distribuzione plastica delle forze, è necessario  calcolare gli elementi “T-Stub” evitando la modalità di collasso 3 (rottura dei bulloni a trazione) che non permetterebbe, come nel caso precedente, di ridistribuire le sollecitazioni alle altre componenti del giunto.
Altre indicazioni necessarie a garantire la duttilità sono riportare nelle normative (NTC – Eurocodice 3), ma in generale il concetto base rimane quello di evitare, in caso di distribuzioni plastiche delle forze, le rotture fragili dei singoli componenti, che pregiudicherebbero il corretto funzionamento dell’intero giunto.

In particolare, in condizioni sismiche, scegliendo di calcolare una struttura dissipativa (q>1) bisogna garantire che le connessioni riescano a sopportare (vedi par. 7.5.3.3 delle NTC) una sollecitazione di circa 1,3 volte la resistenza plastica dell’elemento collegato, in modo da permettere la plasticizzazione dell’elemento stesso e la dissipazione dell’energia sismica in modo ciclico. Questo significa che, se si sceglie di far dissipare energia alla trave incastrata alla colonne, il giunto dovrà portare circa 1,3 volte il momento plastico della trave stessa e permettere la formazione di una cerniera plastica a “valle” del collegamento (mi sembra che non è prevista dalla norma italiana la dissipazione all’interno della connessione). In ogni caso, nella Circolare (2 febbraio 2009) darei l’ultimo sguardo per i dettagli.

Il calcolo elastico con fattore di struttura > 1 con verifiche di Buckling e verica elastica dei nodi è sufficiente?.
Voi come vi comportate nel merito?.

Personalmente, calcolo elastico + analisi lineare di buckling e verifiche elastiche è la prima cosa. Se si decide, invece, di utilizzare un'analisi di tipo rigido-plastica con collegamenti rigidi, sarà necessario imporre che tutte le giunzioni siano a completo ripristino di resistenza (nella EN 1993-1-8:2005 si trovano tutti i dettagli).

A seconda dell'importanza della struttura, terrei a mente che l'analisi di buckling (quella di "default" in tutti i sw commerciali) è un'analisi lineare che ipotizza (sempre) l'esistenza di un punto di biforcazione tra la relazione lineare carico-deformazioni (assunta prima del raggiungimento del carico critico) e la curva di collasso (carico-deformazioni) post-buckling, a valle del punto di biforcazione. Ricordo che l'analisi di buckling calcola solo prima del punto di biforcazione (sul tratto lineare, appunto). Pertanto, in linea generale, deve considerarsi un'analisi del tutto orientativa.
Se, però, la struttura è suscettibile di non trascurabili imperfezioni geometriche e di carico allora non è detto che (in realtà) esista questo punto di biforcazione, "individuato sempre" dall'analisi di buckling lineare. In altri termini, per questo tipo di strutture, il carico critico calcolato dal solutore potrebbe non avere rispondenza con la realtà, neanche lontanamente. A questo punto, si dovrebbero lanciare solutori non lineari (almeno per geometria e, in alcuni casi, anche per condizioni al contorno). Ti potrebbe essere utile, a tal proposito, "disegnare" direttamente il modello FEM con le imperfezioni geometriche e di carico già in input nel modello FEM e poi...lanciare l'analisi di buckling! Un'analisi di questo tipo sarebbe sempre meno approssimata perché leggermente più rispondente alla realtà.

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Spero di aver risposto correttamente alle tue domande.
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PS. In quel documento PDF che ti ho inviato giorni fa per posta, credo, c'è qualche cosina che potrebbe darti qualche idea o spunto...almeno sul calcolo dei giunti bullonati sufficientemente duttili per la ridistribuzione delle forze ipotizzate sugli elementi di giunzione.

Un saluto, con simpatia.

 :) Fla-flo  :)
« Last Edit: 10 June , 2014, 07:23:08 AM by Fla-flo »
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Offline Betoniera

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Re:Duttilità delle strutture di acciaio
« Reply #5 on: 10 June , 2014, 09:54:19 AM »
Ciao Fla-flo, ciao g.iaria
Vi ringrazio per i competenti approfondimenti.
E' ovvio che, nella pratica, non è opportuno avventurarsi in calcoli sofisticati la cui affidabilità non è per nulla scontata.
Pertanto, ben venga l'imposizione di struttura "non dissipativa", con conseguente calcolo elastico della struttura.
E' più semplica, più controllabile e , probabilmente, meno soggetto ad errori.
Ricalca, un pò, ciò che diceva Fla-flo in altra discussione, sull'errore che si commette in un metodo di calcolo.
Una riflessione mi viene da fare sulle ipotesi iniziali, che non sono sono verificate o che lo sono solo parzialmente.
Ad esempio, in un giunto trave-pilastro, non sempre si può considerare la piastra di contatto rigida.
pertanto un eventuale calcolo elastico risulterebbe falsato anche per il fatto che il supporto potrebbe non consetire il mantenimento delle sezioni piane durante le deformazione sotto sforzo.
Certo, posso pensare ad altri meccanismi, ma devo fare sempre, comunque delle ipotesi iniziali la cui attendibilità è sempre dubbia.
Probabilmente, se si vuole andare oltre in questi discorsi, occorre fare un salto di qualità.
Anzichè scervellarsi sui meccanismi di rottura, probabilmente occorre passare alla modellazione volumica del nodo e all'analisi volumica delle tensioni.
Ho fatto qualche esperimento con Ansys e sembra promettente.
In questo modo le ipotesi di sezioni piane, di piastra rigida, di comportamento elastico o plastico del materiale non avrebbero più senso perchè è lo stesso programma che riesce a tenerne conto.
Oltre tutto con la modellazione volumica si possono cogliere delle concentrazioni di sforzi non rilevabili col calcolo tradizionale.
Ritengo che la normativa dovrebbe considerare questo tipo di calcolazione e fissare delle regole di verifica in modo da favorirne lo sviluppo.
Le vostre considerazioni sono state utili e interessanti.
Ciao, alla prossima


Offline Salvatore Bennardo

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Offline Fla-flo

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Re:Duttilità delle strutture di acciaio
« Reply #7 on: 10 June , 2014, 11:14:21 AM »
Potrebbe esservi utile?
http://www.solidworld.it/public/prodotti/pdf/36.pdf

Decisamente si!. Ho dato un'occhiata e ora scarico!
Grazie.
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Offline Betoniera

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Re:Duttilità delle strutture di acciaio
« Reply #8 on: 10 June , 2014, 11:45:54 AM »
Ciao Salvatore Bernardo,
Mi fa piacere la tua presenza qui assiema a quella di Fla-flo, come mi fanno piacere gi interventi, quando sono costruttivi.

Dicevo di aver provato a fare degli esperimenti con Ansys.
Siamo, già oggi, in grado di indicare al programma sia le caratteristiche dei materiali (legge costituitiva), sia anche le caratteristiche del contatto (piastra-piastra bullone-piastra): con attrito, con possibilità di stacco, ecc.
Ho provato a modellare un giunto Trave-colonna.
Si può arrivare a vedere lo "stacco della piastra", non chè la zona dove il materiale resta a contatto.
Si può vedere l'andamento delle tensioni ed alcuni punti caratteristici in cui si concentrano le tensioni.
Ad esempio si ha un concentramento di tensioni negli angoli estremi delle piastre di rinforzo.
L'asse neutro non è una retta, ma una curva che segue la deformabilità della piastra.
E' comunque un'analisi non facile nè da fare nè da interpretare.
Inoltre, devo dire, che anche il calcolo e pittosto lungo perchè l'analisi è fatta per incrementi successivi di carico per poi seguire le leggi costitutive dei materiali. Oltretutto tale analisi può anche non convergere.
Però, secondo me, questo tipo di analisi, offre grandi prospettive di sviluppo.
Ciao, alla prossima

 

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