Ciao Betoniera,
avevo deciso di “mollare” il Forum per un po’ per questioni di lavoro (sto riprendendo a fatica dopo una pausa…), ma poi vedendo il tuo post, ho deciso di "fare un'eccezione" e di riportare anche io qualche riga, nella speranza che ti siano in qualche modo utili.
Ma volendo considerare la struttura con coefficiente di struttura > 1 e dissipativa, come si fà a calcolare la duttilità dei nodi di acciaio?.
Ha senso, secondo voi, parlare di duttilità di un nodo di acciaio dove il materiale può deformarsi anche del 20% prima di rompersi?.
Se si decide di progettare per q > 1, ovviamente, sei costretto a garantire l’equilibrio assieme ad una sufficiente duttilità dei componenti. Quest’ultimo accorgimento serve di fatto a permettere la ridistribuzione delle forze che ipotizzerai sugli elementi di giunzione. Tanto per fare un esemprio relativamente alle giunzioni bullonate – almeno per l’EC3 – è sempre buona regola imporre una resistenza a taglio del bullone maggiore di quella di rifollamento. in questo modo, il limite raggiunto dal bullone più esterno sarà appunto per rifollamento e, plasticizzando, permetterà di ridistribuire le forze anche agli altri componenti; in caso contrario (resistenza a taglio minore di quella a rifollamento) si giungerebbe a rottura per taglio del bullone con rottura evidentemente fragile e non compatibile con le ipotesi di calcolo (in particolare anche per q > 1).
Per quanto riguarda le flange di testa dei nodi trave-colonna, se ipotizzi ad esempio una distribuzione plastica delle forze, è necessario calcolare gli elementi “T-Stub” evitando la modalità di collasso 3 (rottura dei bulloni a trazione) che non permetterebbe, come nel caso precedente, di ridistribuire le sollecitazioni alle altre componenti del giunto.
Altre indicazioni necessarie a garantire la duttilità sono riportare nelle normative (NTC – Eurocodice 3), ma in generale il concetto base rimane quello di evitare, in caso di distribuzioni plastiche delle forze, le rotture fragili dei singoli componenti, che pregiudicherebbero il corretto funzionamento dell’intero giunto.
In particolare, in condizioni sismiche, scegliendo di calcolare una struttura dissipativa (q>1) bisogna garantire che le connessioni riescano a sopportare (vedi par. 7.5.3.3 delle NTC) una sollecitazione di circa 1,3 volte la resistenza plastica dell’elemento collegato, in modo da permettere la plasticizzazione dell’elemento stesso e la dissipazione dell’energia sismica in modo ciclico. Questo significa che, se si sceglie di far dissipare energia alla trave incastrata alla colonne, il giunto dovrà portare circa 1,3 volte il momento plastico della trave stessa e permettere la formazione di una cerniera plastica a “valle” del collegamento (mi sembra che non è prevista dalla norma italiana la dissipazione all’interno della connessione). In ogni caso, nella Circolare (2 febbraio 2009) darei l’ultimo sguardo per i dettagli.
Il calcolo elastico con fattore di struttura > 1 con verifiche di Buckling e verica elastica dei nodi è sufficiente?.
Voi come vi comportate nel merito?.
Personalmente, calcolo elastico + analisi lineare di buckling e verifiche elastiche è la prima cosa. Se si decide, invece, di utilizzare un'analisi di tipo rigido-plastica con collegamenti rigidi, sarà necessario imporre che tutte le giunzioni siano a completo ripristino di resistenza (nella EN 1993-1-8:2005 si trovano tutti i dettagli).
A seconda dell'importanza della struttura, terrei a mente che l'analisi di buckling (quella di "default" in tutti i sw commerciali) è un'analisi lineare che ipotizza (sempre) l'esistenza di un punto di biforcazione tra la relazione lineare carico-deformazioni (assunta prima del raggiungimento del carico critico) e la curva di collasso (carico-deformazioni) post-buckling, a valle del punto di biforcazione. Ricordo che l'analisi di buckling calcola solo prima del punto di biforcazione (sul tratto lineare, appunto). Pertanto, in linea generale, deve considerarsi un'analisi del tutto orientativa.
Se, però, la struttura è suscettibile di non trascurabili imperfezioni geometriche e di carico allora non è detto che (in realtà) esista questo punto di biforcazione, "individuato sempre" dall'analisi di buckling lineare. In altri termini, per questo tipo di strutture, il carico critico calcolato dal solutore potrebbe non avere rispondenza con la realtà, neanche lontanamente. A questo punto, si dovrebbero lanciare solutori non lineari (almeno per geometria e, in alcuni casi, anche per condizioni al contorno). Ti potrebbe essere utile, a tal proposito, "disegnare" direttamente il modello FEM con le imperfezioni geometriche e di carico già in input nel modello FEM e poi...lanciare l'analisi di buckling! Un'analisi di questo tipo sarebbe sempre meno approssimata perché leggermente più rispondente alla realtà.
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Spero di aver risposto correttamente alle tue domande.
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PS. In quel documento PDF che ti ho inviato giorni fa per posta, credo, c'è qualche cosina che potrebbe darti qualche idea o spunto...almeno sul calcolo dei giunti bullonati sufficientemente duttili per la ridistribuzione delle forze ipotizzate sugli elementi di giunzione.
Un saluto, con simpatia.
Fla-flo