Author Topic: Metodi pratici per il calcolo delle rigidezze di piano  (Read 36541 times)

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Offline rico_m88

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Metodi pratici per il calcolo delle rigidezze di piano
« on: 06 June , 2012, 19:59:25 PM »
Nella normativa tecnica per poter definire regolare in altezza una struttura ,e quindi poter abbattere l'azione sismica, è necessario dover verificare determinati punti. Uno di questi punti impone proprio dei limiti sulle variazioni di rigidezza per piano. Ora ovviamente non è specificato in alcun punto il modo per stimare tale rigidezza. In metodo per tenere conto del comportamento globale della struttura è quello di applicare un taglio di piano, proporzionale alle masse e all'elevazione, su ogni piano e valutare la rigidezza proprio come rapporto tra taglio di piano e spostamento relativo. Qualcuno  potrebbe illuminarmi su metodi validi alternativi a questo. Grazie

Offline Salvatore Bennardo

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Re:Metodi pratici per il calcolo delle rigidezze di piano
« Reply #1 on: 07 June , 2012, 01:06:38 AM »
Nella normativa tecnica per poter definire regolare in altezza una struttura ,e quindi poter abbattere l'azione sismica, è necessario dover verificare determinati punti. Uno di questi punti impone proprio dei limiti sulle variazioni di rigidezza per piano. Ora ovviamente non è specificato in alcun punto il modo per stimare tale rigidezza. In metodo per tenere conto del comportamento globale della struttura è quello di applicare un taglio di piano, proporzionale alle masse e all'elevazione, su ogni piano e valutare la rigidezza proprio come rapporto tra taglio di piano e spostamento relativo. Qualcuno  potrebbe illuminarmi su metodi validi alternativi a questo. Grazie
Più che altri metodi alternativi, per me il metodo è questo.
Un singolo pilastro rettangolare ha rigidezza b*h^3/12.
Ad un dato piano calcoli e sommi la rigidezza di tutti i pilastri. una volta rispetto alla dir. 1 e poi rispetto alla dir. 2.
Se al piano superiore replichi i pilastri senza alcuna rastremazione non c'è alcuna variazione delle rigidezze.
Se invece rastremi uno o più pilastri, ricalcoli tutto e verifichi se la variazione è contenuta nel limite normativo.
Etc. etc. etc.

Occhio che la rastremazioni devono essere equilibratissime, altrimenti potrebbero portare a un rapporto r/ls<0,8 a qualche piano e di conseguenza la struttura può divenire "deformabile torsionalmente", quindi peggio del primo peggio...
massima mai scaduta: la tua sinistra non sappia mai del bene che fa la tua destra (sempre che sia vero che lo faccia)
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Offline Alex_Drake

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Re:Metodi pratici per il calcolo delle rigidezze di piano
« Reply #2 on: 07 June , 2012, 08:37:07 AM »
Il problema non è quale forza mettere al piano (tanto poi viene "normalizzata" allo spostamento), ma quali sono gli schemi statici da utilizzare.
Gli spostamenti degli altri piani sono da considerare bloccati o no (sulla singola asta la K viene determinata bloccando gli altri gdl)?
E le rotazioni (visto che c'è  sempre il momento torcente ha senso classificare la struttura su una rigidezza laterale?)?
Ho fatto dei test qualche tempo fa e i valori ballano incredibilmente...

Alessandro
ing. Alessandro Dragone

Offline rico_m88

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Re:Metodi pratici per il calcolo delle rigidezze di piano
« Reply #3 on: 07 June , 2012, 09:18:17 AM »
Uno dei miei dubbi pensando alla prima risposta deriva proprio dal fatto che secondo me andandomi a calcolare la rigidezza di piano come somma dei contributi delle rigidezze delle singole aste è come se stessi considerando i piani singolarmente senza valutare l'interazione tra i piani. Mi spiego meglio, la rigidezza del piano è una caratteristica propria del piano o dipende dalla geometria generale della struttura. Esempio piano standard di fissata geometria inserito in due strutture completamente diverso, la rigidezza è la stessa?
Per quanto riguarda i tagli sono andato ad applicarli al centro di rigidezza dovrei quindi avere un moto puramente traslazionale senza sollecitazioni torcenti giusto?
Per Salvatore, con il metodo semplificato delle rigidezze flessionale come tengo in conto il contributo di solette rampanti travi a ginocchio o elementi di geometria più complessa?

Grazie per l'attenzione


Offline Gilean

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Re:Metodi pratici per il calcolo delle rigidezze di piano
« Reply #4 on: 07 June , 2012, 09:33:11 AM »
Uno dei miei dubbi pensando alla prima risposta deriva proprio dal fatto che secondo me andandomi a calcolare la rigidezza di piano come somma dei contributi delle rigidezze delle singole aste è come se stessi considerando i piani singolarmente senza valutare l'interazione tra i piani. Mi spiego meglio, la rigidezza del piano è una caratteristica propria del piano o dipende dalla geometria generale della struttura. Esempio piano standard di fissata geometria inserito in due strutture completamente diverso, la rigidezza è la stessa?
Per quanto riguarda i tagli sono andato ad applicarli al centro di rigidezza dovrei quindi avere un moto puramente traslazionale senza sollecitazioni torcenti giusto?
Per Salvatore, con il metodo semplificato delle rigidezze flessionale come tengo in conto il contributo di solette rampanti travi a ginocchio o elementi di geometria più complessa?

Grazie per l'attenzione



Effettivamente, il considerare il taglio agente al piano suddiviso per lo spostamento di impalcato è la procedura più corretta, in quanto il tagliante di piano è parente stretto della distribuzione di forze ai vari piani, e quindi "correlato" in un certo qual modo a ciò che vi è sui vari piani. Cio' che salvatore propone, potrebbe essere utilizzato per valutare la duttilità strutturale, nel caso in cui sussistano elementi snelli monodimensionali bidimensionali (es: valutare la duttilità per strutture a pareti o a telai).
Il calcolo è come la pelle delle @@, lo tiri dove vuoi tu.
Esempio di programmazione a Loop:
L'enunciato che segue è falso
L'enunciato precedente è vero.

Nonostante la consapevolezza dei rischi che si corrono dopo aver visto le prestazioni da 3° dan

Offline rico_m88

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Metodi pratici per il calcolo delle rigidezze di piano
« Reply #5 on: 07 June , 2012, 15:27:48 PM »
Il dubbio mi è sorto in seguito ad una calcolo delle variazioni di rigidezza in un edificio, con il metodo dei tagli di piano scalati rispetto agli spostamenti ho delle variazioni notevoli di rigidezza anche se gli elementi strutturali( dimensioni e disposizione) sono uguali per ogni piano. Premetto che la struttura è dotata di nucleo scale ed ascensore ed anche di setti perimetrali. Questi si prendono tra l'altro più del 50 % del taglio alla base, purtroppo in una sola direzione( sembra così regolare in altezza solo lungo una direzione da NTC). La domanda è: possono i setti con la loro rigidezza e con il loro comportamento a mensola essere la causa delle differenze rilevati(40-30%) di rigidezza? Perché il metodo di fondo mi sembra corretto.

Offline Salvatore Bennardo

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Re:Metodi pratici per il calcolo delle rigidezze di piano
« Reply #6 on: 08 June , 2012, 03:16:24 AM »
Scusate, sopra per il pilastro rettangolare ho scritto il momento di inerzia bh^3/12, anziché la rigidezza alla traslazione 12EJ/L^3.

Inoltre, va da sé che se non vi è rastremazione alcuna (v. mio 1° post), per non esserci variazione di rigidezza i due piani consecutivi devono avere stessa altezza di interpiano (le rigidezze alla traslazione dipendono da 1/L^3) e le travi di piano devono avere altezze quasi uguali, altrimenti cambia la L di alcuni pilastri e di conseguenza ...
« Last Edit: 08 June , 2012, 03:23:21 AM by Salvatore Bennardo »
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Offline Salvatore Bennardo

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Re: Re:Metodi pratici per il calcolo delle rigidezze di piano
« Reply #7 on: 08 June , 2012, 04:30:56 AM »
Il problema non è quale forza mettere al piano (tanto poi viene "normalizzata" allo spostamento), ma quali sono gli schemi statici da utilizzare.
Gli spostamenti degli altri piani sono da considerare bloccati o no (sulla singola asta la K viene determinata bloccando gli altri gdl)?
E le rotazioni (visto che c'è  sempre il momento torcente ha senso classificare la struttura su una rigidezza laterale?)?
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Alessandro

Vedi pure mio successivo post.
Occorre tenere sempre presente che tutte queste operazioni avvengono nelle ipotesi di elasticità lineare, quindi vale il principio di sovrapposizione etc. etc.
E' da premettere pure che la rigidezza alla traslazione intesa e come riferita e imparata per la singola asta, nel caso di strutture tridimensionali, come gli edifici, perde in generale di significato e determinabilità.
Ma il problema di questo 3D è diverso.

Fatte le superiori premesse,
le rotazioni non possono mettersi in conto altrimenti la soluzione (si tratta della stima di una variazione relativa tra due impalcati consecutivi) non è determinabile.
Siamo nel campo di metodologie non "perfette", ma tecnicamente esatte.
Delle "rotazioni" se ne tiene conto attraverso r/ls.

Superato il problema r/ls, l'edificio 3D per la stima deve ricondursi una volta come un telaio piano nel piano 1-3 (piano x-z) per la stima in dir. 1 e poi come un telaio piano nel piano 2-3 (piano y-z) per la stima in dir. 2.

Per la stima in una direzione, ad es. dir. 1, ricondotto l'edificio a un telaio piano, ad un determinato piano possiamo sostituire tutti i pilastri con un solo pilastro avente rigidezza alla traslazione che è somma di quella di tutti i pilastri di quel piano.
L'operazione si può ripetere per tutti i piani e alla fine si ottiene un pilastro che rigidezza traslante variabile a tratti lungo l'altezza.

Per gli schemi statici, se devo stimare quanto vale la rigidezza alla traslazione di un piano devo bloccare solo i piedi dei pilastri di quel piano, quelli dei piani alle quote sopra i piedi non interessano perché traslano rigidamente.
Detta in altro modo, questa stima della rigidezza alla traslazione di un impalcato, essendo relativa a questo impalcato, la si esegue "estraendo" l'impalcato dal contesto, vedendo ogni impalcato come un edificio monopiano a sé stante.
Poi per la stima della variazione farò il confronto con l'impalcato successivo.

Nella problematica di questo 3D c'è parentela strettissima con la metodologia della calcolo del centro delle rigidezze dell'impalcato, che si effettua sempre nell'ipotesi di risposta interamente elastica e lineare..
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Offline Salvatore Bennardo

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Re: Re:Metodi pratici per il calcolo delle rigidezze di piano
« Reply #8 on: 08 June , 2012, 04:42:05 AM »
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Alessandro

Dimenticavo.
Per le ipotesi in cui ci muoviamo, elasticità lineare, il problema di quanto vale questa rigidezza alla traslazione di un dato piano non può dipendere affatto dalla forza applicata (F=Ku, F e u si dipendono, non k che è quella che è).
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Offline Salvatore Bennardo

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Re: Re:Metodi pratici per il calcolo delle rigidezze di piano
« Reply #9 on: 08 June , 2012, 05:33:31 AM »
Inserisco in rosso le mie osservazioni.

Uno dei miei dubbi pensando alla prima risposta deriva proprio dal fatto che secondo me andandomi a calcolare la rigidezza di piano come somma dei contributi delle rigidezze delle singole aste è come se stessi considerando i piani singolarmente senza valutare l'interazione tra i piani. Mi spiego meglio, la rigidezza del piano è una caratteristica propria del piano o dipende dalla geometria generale della struttura. Esempio piano standard di fissata geometria inserito in due strutture completamente diverso, la rigidezza è la stessa?
Secondo me è proprio così, trattandosi di una grandezza relativa a quel solo impalcato.
Vedi mio post precedente.


Per quanto riguarda i tagli sono andato ad applicarli al centro di rigidezza dovrei quindi avere un moto puramente traslazionale senza sollecitazioni torcenti giusto?
Vedi mio post precedente.
Per Salvatore, con il metodo semplificato delle rigidezze flessionale come tengo in conto il contributo di solette rampanti travi a ginocchio o elementi di geometria più complessa?
Attenzione, qua si parla di rigidezza traslazionale, non flessionale.
Inoltre, voi lo dite "metodo semplificato". Secondo me è da capire se è quello più corretto o meno rispetto agli esempi riportati in alcuni tesi e che sono basati su altre metodologie (vedi mio post successivo).
Dopo il terremoto di San Fernando (1971), e in Italia dopo il terremoto del Friuli (1975) e dell'Irpinia (1980), si capì di quanto sia devastante l'influenza delle solette rampanti e, ancor di più, delle travi a ginocchio.
Non dovevano più farsi travi a ginocchio, non dovevano crearsi pilastri tozzi (ma si è fatto di più peggio) e il Giliberti tra la fine degli anni '70 e inizi anni '80 (non ricordo l'anno, ma non ha importanza) invento la geniale "scala alla Giliberti", per ripristinare tra due impalcati consecutivi la giusta fluidità degli spostamenti tra essi.

Premesso ciò, io, sulla scorta di quanto ho detto nel post precedente, per prima cosa mi estraggo dal contesto l'intero piano da valutare con le due solette sopra e sotto.
Se ho una trave a ginocchio (che poi ad un piano sono anche due, dovendo le rampe girare) mi andrei prima a preoccupare circa la posizione in pianta di queste travi a ginocchio che realmente modificano in peggio il rapporto r/ls.
Se è superato il problema r/ls, mi vado a creare un modello 3D di questo piano (come se fosse un edificio monopiano), con i pilastri e le travi a ginocchio messi nella loro posizione spaziale, e al solaio superiore applico uno spostamento unitario in dir. 1 vincolando lo stesso solaio superiore a spostarsi solo in dir. 1 (il solaio inferiore è fisso). Dalla F=Ku deduco K, che è il dato cercato, che poi confronterò con l'impalcato consecutivo per vedere quanto varia tra essi.
Alla fine, per tanti motivi e anche perché il gioco non ne vale la candela, le travi a ginocchio non si fanno e stop. 
Se la scala è a solette rampanti e non è alla Giliberti, il discorso è lo stesso di quello della trave a ginocchio, tenendo presente che l'interazione della scala a solette non alla Giliberti è meno dannifica rispetto ad avere travi a ginocchio.


Grazie per l'attenzione
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Offline Salvatore Bennardo

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Re:Metodi pratici per il calcolo delle rigidezze di piano
« Reply #10 on: 08 June , 2012, 06:49:47 AM »
Effettivamente, il considerare il taglio agente al piano suddiviso per lo spostamento di impalcato è la procedura più corretta, in quanto il tagliante di piano è parente stretto della distribuzione di forze ai vari piani, e quindi "correlato" in un certo qual modo a ciò che vi è sui vari piani. Cio' che salvatore propone, potrebbe essere utilizzato per valutare la duttilità strutturale, nel caso in cui sussistano elementi snelli monodimensionali bidimensionali (es: valutare la duttilità per strutture a pareti o a telai).

Nell'ultimo capitolo del Mezzina+altri (edizione 2011) sviluppa il calcolo completo di un edificio secondo NTC 2008 e per questo aspetto del 3D (variazione in altezza delle rigidezze) dice:

"La rigidezza è calcolata come il rapporto fra il taglio di piano agente complessivamente al piano, taglio di piano, e lo spostamento relativo di piano d, conseguente a tali azioni".

Poi dice
la forza da applicare al piano i-esimo è data dall'espressione
Fi=Taglio totale alla base*(hi*Wi/somma di hj*Wj)
ponendo il valore del taglio totale alla base uguale a 1000 perché ininfluente sul risultato.

Il discorso mi pare sia quello che fate voi, e alla fine, essendo in ipotesi di comportamento elastico e lineare, dovrebbe dare gli stessi risultati della procedura che ho esposto io.

P.S. Quello che ho proposto in questo 3D si è sempre mosso, sin dal 1° post,  nell'ambito di valutazioni elastico lineari, mai su cose del secondo ordine quali i fenomeni di duttilità.
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zax2010

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Re:Metodi pratici per il calcolo delle rigidezze di piano
« Reply #11 on: 08 June , 2012, 08:15:40 AM »
Salvatore, la rotazione cui accennano gli altri partecipanti al topic, non è quella torsionale dell'intero impalcato.
Essi parlano della rotazione al piede, ma anche in testa, dei singoli pilastri, che fa diminuire la rigidezza 12*E*J/L^3 cui tu hai fatto riferimento.
Infatti , poichè prendere in considerazioni tali rotazioni fa diminuire la rigidezza, si ha che salendo di piano, aumentano le rotazioni, e diminuisce la rigidezza.

Offline Salvatore Bennardo

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Re:Metodi pratici per il calcolo delle rigidezze di piano
« Reply #12 on: 08 June , 2012, 15:25:17 PM »
Salvatore, la rotazione cui accennano gli altri partecipanti al topic, non è quella torsionale dell'intero impalcato.
Essi parlano della rotazione al piede, ma anche in testa, dei singoli pilastri, che fa diminuire la rigidezza 12*E*J/L^3 cui tu hai fatto riferimento.
Infatti , poichè prendere in considerazioni tali rotazioni fa diminuire la rigidezza, si ha che salendo di piano, aumentano le rotazioni, e diminuisce la rigidezza.

Sì, zax, lo avevo ben chiaro sin dall'inizio quello che dici.
Ma qua la natura del quesito di NTC 2008 è un'altra.
Riepilogo.
Per il calcolo di questa variazione di rigidezza tra un piano e il successivo non ci può essere rotazione, altrimenti il problema non avrebbe senso, essendo le strutture mai perfette ci sono sempre rotazioni, quindi occorre "obbligare" il sistema "solaio inferiore-strutture verticali-solaio superiore", a traslare solo in dir. 1 per ottenere il risultato.

Quando dico di stare attenti a r/ls intendo dire un'altra cosa.
Io ho sempre rastremato un po' i pilastri per motivi che tralascio, per non allungare il brodo.
Ho sempre fatto di tutto per cercare di centrare bar. masse e bar. rifg. piano per piano e fare stare i bar. rig. sulla stessa verticale; il tutto per contrastare comportamenti reali torcenti (i più deleteri).
Se ad es. i pilastri del piano n si replicano identici al piano n+1 e se le loro altezze sono simili si può affermare, senza fare conti!, che non c'è variazione di rigidezza nel senso del punto della norma che stiamo discutendo.

Ebbene, nel caso si voglia rastremare intendevo porre l'attenzione di come vanno a farsi le rastremazioni, cioè fare sì che il rapporto r/ls non si modifichi in maniera tale che si caschi in una struttura deformabile torsionalmente, contro il proposito di partenza che si vuole dimostrare che la struttura è regolare in altezza, specie se il sw non è preposto bene ad avvisare che la struttura è divenuta deformabile torsionalmente.

Penso sia bene inteso che la tecnica per il calcolo di r/ls (che ho intuito, ma che non domino al 100%), seppur sempre eseguita sempre nell'ipotesi di comportamento elastico e lineare, è altra storia rispetto alla metodologia per il calcolo di verifica della variazione richiesta dal punto della norma che qui si sta a discutere.

Spero di essere stato utile.
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Re:Metodi pratici per il calcolo delle rigidezze di piano
« Reply #13 on: 08 June , 2012, 17:48:03 PM »
Salvatore, nulla da eccepire su quanto dici.

Il problema che rimane è se la norma intende dire proprio quello che dici tu.
A quanto pare le interpretazioni in proposito sarebbero le più varie. Ed ovviamente una delle tante interpretazioni è identica alla tua, ma le altre.......

Invito Alex_Drake a intervenire nuovamente al fine di capire, a seguito delle prove da lui svolte, quale alla fine ha ritenuto come 'interpretazione autentica' del punto della norma.
Anche Massimo.T mi pare abbia più volte affrontato l'argomento.

Offline Salvatore Bennardo

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Re:Metodi pratici per il calcolo delle rigidezze di piano
« Reply #14 on: 09 June , 2012, 10:37:57 AM »
Salvatore, nulla da eccepire su quanto dici.

Il problema che rimane è se la norma intende dire proprio quello che dici tu.
A quanto pare le interpretazioni in proposito sarebbero le più varie. Ed ovviamente una delle tante interpretazioni è identica alla tua, ma le altre.......

Invito Alex_Drake a intervenire nuovamente al fine di capire, a seguito delle prove da lui svolte, quale alla fine ha ritenuto come 'interpretazione autentica' del punto della norma.
Anche Massimo.T mi pare abbia più volte affrontato l'argomento.

Siamo nell'ipotesi di comportamento lineare, pertanto, riferendoci alla sola dir. 1, estrarre i piani ad uno ad uno, oppure applicare all'edificio delle forze orizzontali, come fanno ad esempio nel libro del Mezzina, ed in entrambi i casi, costringendolo a spostarsi solo in dir. 1, il procedimento è lo stesso; quindi stesso risultato.
Pensare di estrarre i piani, che equivale a bloccare il solaio inferiore, da l'idea di quello che si sta facendo.

Per una struttura spaziale non credo che esista procedimento alternativo che dia risposta univoca (la soluzione deve essere unica) al punto della norma che si sta discutendo.

Sarebbe interessante sapere come è stato risolto da altri.
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